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Parti Interessate

Parti interessate queste sconosciute. Difficile capire chi sono le Parti Interessate per le norme di gestione e anche capire quali sono questi benedetti requisiti “rilevanti”. Conviene partire dall’inizio. Innanzi tutto le PI devono avere un’effetto o una influenza sulla attività aziendale o su uno specifico progetto. Questo loro effetto deve essere legato alla capacità aziendale di fornire un prodotto o un servizio che soddisfi specifici requisiti di conformità come ad esempio contrattuale o normativa, quindi influenzi o possa influenzare da questo punto di vista quello che faccio . Se la risposta è SI sei una parte interessata, altrimenti NO. Questa premessa è doverosa perché spesso le parti interessate sono individuate nelle valutazioni effettuate dalle aziende come una appendice dei fattori di contesto, tuttavia questo approccio è, a mio avviso, errato. Questo perché i fattori di contesto si individuano secondo criteri diversi (legati agli obbiettivi strategici) e non alla capacità della organizzazione di operare in modo conforme. Sono dei livelli di valutazione diversi. I requisiti delle PI devono essere considerati in base al loro grado di influenzare la capacità aziendale e come risulta evidente di generare rischi o opportunità.

Azioni per affrontare i rischi e le opportunità

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Il concetto di gestione del rischio è stato introdotto nelle ultime revisioni delle norme sui sistemi di gestione e nel mondo delle piccole imprese ( e di chi le imprese le aiuta o almeno ci prova…) ha creato un po’ di difficoltà. Il Risk Management è un concetto semplice in teoria ma di difficile applicazione.Anche le norme ci mettono del loro; contesto esterno ed interno, requisiti delle parti interessate, obbiettivi strategici… come far precipitare tutto questi elementi in una analisi con un minimo di valore aggiunto? Difficile a dirsi la mia opinione è che bisognerebbe approcciarsi al problema con meno algoritmi ma più “nauticamente”, L’impresa è la nave e qualcuno ha in testa un porto e una rotta per raggiungerlo. Da qui, dal racconto della direzione aziendale, si parte per definire i fattori di rischio che compromettono questo obiettivo e le azioni conseguenti.Abbiamo definito degli obbiettivi strategici in modo preciso tipo una area geografica su cui vogliamo entrare, un prodotto o un servizio da sviluppare, o qualche target dal punto di vista finanziario è relativamente semplice andare ad individuare dei fattori di contesto esterno o interno che possono andare ad influire positivamente o negativamente sul raggiungimento di tale obbiettivo. E quindi supponiamo che vogliamo sviluppare un prodotto completamente biodegradabile quali sono i fattori di incertezza che possono farci deviare dalla nostra rotta. Il ragionamento è semplice si fa un elenco di fattori poi si aggiungono un paio di colonne tipo fattori negativi e fattori positivi. Ad esempio “Catena di fornitura” il materiale a cui avevo pensato è introvabile sul mercato “fattore negativo” il rischio è di non riuscire a raggiungere un volume di produzione sostenibile. Le azioni per affrontare questo rischio… uhm chi lo sa! Semplice dicevamo non facile, una valutazione è sempre complessa e dipende da quante risorse disponiamo per farla, risorse e dati più precisamente, ma i dati si trovano più facilmente.

Approfondimenti – 3/2015: Classificazione dei rifiuti #rifiuti; #ambiente; #iso14001

Sulla classificazione dei rifiuti sono usciti due importanti provvedimenti purtroppo slegati fra loro, il primo è la legge 116/2014 che entra in vigore il 18-02-15 che fornisce indicazioni su quali sono i passi da seguire per classificare un rifiuto:

“1) la classificazione deve avvenire “in ogni caso prima che il rifiuto sia allontanato dal luogo di produzione”;
2) se un rifiuto è classificato con codice Cer pericoloso “assoluto”, esso è pericoloso senza alcuna ulteriore specificazione. In tale caso le proprietà di pericolo del rifiuto, definite da H1 ad H15, devono essere determinare al fine di procedere alla sua gestione;
3) Se un rifiuto è classificato con codice Cer non pericoloso “assoluto”, esso è non pericoloso senza ulteriore specificazione;
4) Se un rifiuto è classificato con codici Cer speculari (uno pericoloso e uno non pericoloso), per stabilire se lo stesso è pericoloso o meno vanno determinate le proprietà di pericoloso che lo stesso possiede. Le indagini da svolgere sono: a) individuare i composti presenti nel rifiuto (attraverso scheda informativa, conoscenza del processo chimico, campionamento e analisi); b) determinare i pericoli connessi (attraverso normativa, fonti informative e scheda di sicurezza dei prodotti); c) stabilire se le concentrazioni dei composti comportino che il rifiuti presenti delle caratteristiche di pericolo (mediante comparazione delle concentrazioni rilevate all’analisi chimica con il limite soglia per le fasi di rischio specifiche dei componenti, ovvero effettuazione di test per verificare se il rifiuto ha determinate caratteristiche di pericolo).”

Tale indicazioni vanno a modificare le premesse all’allegato D (elenco dei rifiuti) della Parte IV del “Codice ambientale” , tale allegato sarà però revisionato in maniera sostanziale a partire dal 01-06-2015 dalla Decisione 2014/955/CE che definisce i nuovi codici CER a livello europeo .

Quindi fino a giugno avremo una situazione non chiarissima, con delle indicazioni operative che però si applicano ad un elenco CER che sarà presto modificato , inoltre con il nuovo recepimento di giugno 2015 vi è con la concreta possibilità che le premesse appena definite dal 116/2014 siano anche esse superate da quanto definito in allegato della Decisione Europea.